Possiamo definire la psicosintesi?
Tutti coloro che affrontano il compito di definire la Psicosintesi sono concordi su un punto: non è cosa facile. Per quale motivo? Per rispondere a questa domanda vorrei partire dalle primissime parole di una citazione dello stesso Assagioli che affermava: la Psicosintesi “può essere indicata (e non uso la parola “definita” perché tutte le definizioni sono limitate e limitanti)…” [1]
Consentitemi di soffermarmi su questa apparentemente banale distinzione tra “indicare” e “definire” poiché ci permette di comprendere alcuni aspetti fondamentali dell’impostazione psicosintetica e del suo procedere metodologico.
“Indicare” vs “definire”: universalità del linguaggio e primato dell’esperienza esistenziale
Il primo punto, è la grande cura che Assagioli metteva nella scelta delle parole. Egli era appassionato di etimologia e di semantica. Aveva pienamente colto il valore simbolico del linguaggio, quindi l’importanza di distinguere le mappe, la carta (le parole), dal territorio, dalle pietanze che ci vengono servite (la realtà dell’esperienza fenomenologica che le parole vogliono indicare). Soprattutto quando si tratta di una realtà complessa e sfuggente come quella della psiche umana.
Le parole, in quanto simboli, hanno quindi il potere di velare, confondere, nascondere la realtà oppure di svelarla. Per Assagioli, le parole in grado di svelare la realtà, cioè di condurci ad un’esperienza interiore viva e vivificante, sono quelle che rispettano un criterio di universalità, quelle che possono essere recepite dal maggior numero possibile di individui, indipendentemente dalle differenze date dai loro diversi gruppi di appartenenza (etnici, culturali, scientifici, religiosi ecc.).
Proviamo allora a procedere in modo psicosintetico e indaghiamo la differenza semantica che intercorre tra “definire” qualcosa oppure “indicarlo”:
- definire (dal latino “finis, -is”: il confine, la delimitazione di un campo, ma anche la fine, la morte) significa limitare, circoscrivere, portare a termine, risolvere, sciogliere i dubbi;
- indicare invece (dal lat “in-dicare”: manifestare, scoprire e “index, -icis: colui che indica, rivela) significa accennare, mostrare, suggerire, da cui anche i termini “indicativo” e “indizio”.
Ora, noi possiamo definire gli oggetti (che sono inerti, “morti” appunto). I soggetti invece (che sono “vivi”) non si possono afferrare compiutamente una volta per tutte, si possono solo indicare. E infatti, la Psicosintesi va considerata proprio come un sistema vivente e vitale, programmaticamente aperto e in continuo divenire. Un sistema che si sviluppa, cresce ed evolve interagendo con l’ambiente che la circonda. Vedremo in seguito sulla base di quali criteri.
Infine, ricostruire il significato etimologico di questi due termini ci permette di mettere a fuoco un ultimo punto caratterizzante la Psicosintesi, e cioé il rapporto che intercorre tra esperienza esistenziale e teorizzazione. La conoscenza che non trova diretta applicazione nella vita quotidiana è considerata sterile accademismo. La teoria che non allevia la sofferenza degli individui, che non trasforma le coscienze, è lettera morta. Per la Psicosintesi la conoscenza intellettuale, la riflessione teorica (pur molto importanti!) devono però sempre orientare e condurre a un’esperienza esistenziale diretta. Tant’è che la Psicosintesi viene anche considerata come “una prassi di vita”. Assagioli amava dire del suo modo di lavorare: “Ho provato ad essere intelligente senza essere intellettuale” [2].
Indicazioni generali: interdisciplinarietà, interculturalità e internazionalità
A partire dal 1927, data in cui nasce ufficialmente la Psicosintesi, Assaggioli l’ha poi “indicata” in modi più o meno ampi che è utile organizzare partendo da quelle più generali ed inclusive per concludere con quelle più specifiche e tecniche[3].
La Psicosintesi può quindi essere considerata come l’espressione, a vari liveli (teorico e pratico; individuale, inter-individuale, sociale e planetario) di un generale ed universale principio di sintesi. Essa è quindi soprattutto un movimento, una tendenza, una méta che si traduce in un atteggiamento e una lenta conquista verso l’organizzazione, l’integrazione e la sintesi in ogni campo.
Anzitutto, nel vasto campo del sapere umano per favorire l’integrazione della psicologia con le altre scienze, e con la filosofia, la spiritualità e l’arte. Questa è la prima importante caratteristica che “indica” la Psicosintesi: l’interdisciplinarietà, il costante dialogo tra approcci diversi, tra differenti punti di vista e di studio allo scopo di superare la frammentazione dei saperi per creare una visione d’insieme più adeguata alla complessità dei fenomeni. Quest’approccio interdisciplinare è oggi quanto mai attuale, direi necessario. La teoria della complessità parla infatti di nuova alleanza tra scienza e filosofia; le frontiere della fisica quantistica dialogano con le più antiche tradizioni spirituali; la psicologia e la psicoterapia con le neuroscienze, la biologia sembra dimostrare la presenza di una libera volontà perfino negli invertrebrati [4], ecc.
Ma a quale psicologia si riferisce Assagioli quando parla di integrare la psicologia con le altre scienze e con la filosofia, la spiritualità e l’arte? Si riferisce a una psicologia che sia, a sua volta, una sintesi di tutti gli elementi positivi, costruttivi esistenti in ogni scuola o movimento psicologico, con l’intento di integrare la psicologia americana (sempre alla ricerca di strumenti e tecniche attive che siano efficaci e creativi), con quella europea (così attenta all’indagine psicodinamica e alla dimensione relazionale) e quella orientale (che da millenni approfondisce le dimensioni transpersonali dell’essere umano e la realizzazione del suo Sé più profondo e autentico). Oggi potremmo aggiornare questa indicazione aggiungendo gli altri due continenti (l’Africa e l’Australia), con l’approccio etno-psichiatrico, le differenti psicologie indigene e le psicologie sciamaniche, all’epoca di Assagioli appena delineati. Quindi, dopo l’interdisciplinarietà, la seconda caratteristica importante che “indica” la Psicosintesi é l’interculturalità e l’internazionalità. Anche queste attualissime.
Molto probabilmente l’intenzione di Assagioli era quella di creare una psicologia dal respiro planetario.
NOTE ___________________________________
[1] R. Assagioi, Lo “spirito” della Psicosintesi, lettera di istruzioni indirizzata alle Fondazioni, Istituti, e Centri di Psicosintesi in Italia e nel mondo, 11 Nov. 1967
[2] G. Dattilo, P. Ferrucci, V. Reid Ferrucci, (a cura di), Roberto Assagioli racconta se stesso – frammenti di un’autobiografia, Registrazione di E. Smith, Ed. Istituto di Psicosintesi, Firenze, 2019
[3] P. Guggisberg Nocelli, Conosci, Possiedi, Trasforma te stesso, Xenia, Pavia, 2016
[4] B. Brembs, Towards a scientific concept of free will as a biological trait: spontaneous actions and decision-making in invertebrates, in Proceedings of the Royal Society B (Biological Sciences), Vol. 278, Issue 1707, 2010