
Padronanza di sé e auto-regolazione – 4
Quello che NON sei (Identificazione I)
La tendenza dell’io a identificarsi inconsapevolmente con ciò che l’io, in essenza, non è lo rende confuso, asservito e dominato, impedendogli una chiara coscienza di sé. Nell’identificazione, l’io diventa ciò che crede di essere. Si identifica con il contenuto che entra nel campo di coscienza, dimenticandosi di “essere ciò che veramente è”, cioè la coscienza stessa.
Con l’identificazione l’io crede di essere ciò di cui è cosciente, un “oggetto”,
anziché un “soggetto cosciente”
(Alberti, 1997, p. 133).
Solitamente noi ci identifichiamo con ciò che in un dato momento ci fa sentire più vivi e vitali, e che ci sembra più reale o più intenso. Ad esempio, ci identifichiamo con una funzione psicologica predominante:
- “io sono il mio corpo”: alcuni si identificano con il proprio corpo, si percepiscono in termini di sensazioni fisiche e funzionano come se essi fossero loro corpo (“sono stanco o riposato”, “sono bello/brutto”, “sono sano o malato”, “sono vecchio o giovane” ecc.);
- “io sono ciò che sento”: altri si identificano con le loro emozioni e affetti, considerandoli come la loro parte più viva, vera e vitale (“sono triste, contento, sono impaurito, arrabbiato, innamorato, sono fiducioso, sono disperato” ecc.); invece i pensieri e le sensazioni sono percepiti come lontani e quasi separati;
- “io sono ciò che penso”: altri ancora si identificano con la propria mente e, anche se si chiede loro come si sentono, si descrivono in termini di costruzioni intellettuali; essi considerano come lontani e periferiche le emozioni e le sensazioni, le quali rimangono spesso inconsce;
- “io sono ciò che faccio”: altri infine si identificano con le loro azioni per cui vivono loro stessi e si descrivono esclusivamente in termini di progetti, attività, occupazioni, realizzazioni, ecc.
Oppure ci identifichiamo con un ruolo e ci descriviamo, viviamo, funzioniamo ed abbiamo esperienza di noi stessi nei termini di quel ruolo:
- ruoli familiari (il figlio, il padre, la madre, la nonna, lo zio, la matrigna..);
- ruoli professionali (l’artista, il medico, l’operaio, la psicologa, la bancaria, il manager, la casalinga, il disoccupato..);
- ruoli sociali (il parrocchiano, lo scout, l’intellettuale, lo sportivo, il tifoso, la cinefila, lo psicosintetista, il buddhista..).
O ancora, ci identifichiamo con un complesso (di inferiorità, di superiorità, della crocerossina, di Peter Pan, ecc.), con una certa caratteristica della nostra personalità (l’esteta, il timoroso, la seduttrice, il buongustaio, il pagliaccio..) con un impulso o desiderio, con una passione, con un’immagine dominante, magari indotta o creata da altri, o con un complesso di sintomi o una malattia (l’ossessivo, l’isterico, il delirante, il depresso..), con un progetto (sano o patologico), con un’età della vita (il bambino, l’adolescente, il giovane, l’adulto, l’anziano). E l’elenco potrebbe continuare.
È tuttavia indispensabile precisare che, se la tendenza dell’Io ad identificarsi più o meno inconsapevolmente con i mutevoli contenuti che entrano via via nel campo della coscienza, da un lato può portare l’essere umano ad una situazione di confusione, di limitazione e di scissione da sé, dall’altro lato, articolandosi con il processo di disidentificazione e autoconsapevolezza, gli permette di continuare a svilupparsi e ad evolvere (v. Identificazione II).
Per approfondire:
- Conosci, Possiedi, Trasforma te stesso, Xenia (pp. 223-224) – Acquista adesso
- La via della Psicosintesi, Xenia (pp. 277-289) – Acquista adesso